Breve intermezzo lunare


-Ciao

Mi sveglio dal mio quasi sonno, a disagio, il sole ha reso bollente ogni parte del mio corpo e l’aria è irrespirabile. Un ragazzo dalla barba chiara e rada mi fissa irrispettosamente sopra l’amaca, fissa la mia faccia stropicciata dal sonno e dal tessuto ricamato.

Mo’ questo che cazzo vuole

-Luciano Luisi. Mi sa che lo conosciamo solo io e te, mi sembrava un buon motivo per svegliarti.

Tentenno, se aprissi bocca il mio alito tremendo, che porta i segni della sbronza della sera prima e del sonnellino, ucciderebbe questo coraggioso ragazzo.

-Nessun motivo è buono per svegliare qualcuno. Specialmente mentre sogna.

Sgorbutica come sempre, raccolgo il mio libro di poesie preferito scivolato in terra, lo sbatto e lo stringo al petto, con gelosia. Spavaldo il giovane insiste, mi prende il libro dalle mani, dal petto. Apre una pagina a caso, sembra.

Non ho più cielo, affondo

sempre più nella terra.

Ha una voce roca e bellissima. Chiude il libro e continua

Ma la luna

che nel suo lume torbido ti scopre

e come un fiore notturno t’accende,

la luna alza le sue bianche tende

sopra di noi, e tu

col tuo glorioso corpo che s’appaga

d’esser vivo, come l’aria, l’acqua,

mi fissa le spalle scoperte dalla maglia troppo larga.

come l’erba che complice ci accoglie,

rendimi per un’ora inconsapevole,

che non veda quell’ombra,

che non senta quei passi.

Vorrei applaudire la sua voce, i suoi polpacci muscolosi. Un applauso a questo momento che mi porta in dono. Invece non tradisco emozione.

-Carina, non una delle migliori

-Leggimela tu, la migliore

Mi sfida, mi vergogno, ma non vorrei. Fingo coraggio, prendo il libro rosso con la copertina rigida. Lo sfoglio in cerca di quella croce che segna una pagina sgualcita, la più letta.

Qui da sempre, mie sere

ho soltanto la vostra solitudine,

l’aria è perduta in questa

tipografia che mi ruba i pensieri.

-Ah, allegra!

Mi interrompe. Impertinente.

Mi passa la voglia chiudo il libro, non ho la memoria giovane come la sua, sto per andarmene, mi prende la mano.

-Scusami. Questa poesia ha mangiato tutte le mie lacrime, non vorrei sentirla ancora.

Sono io a tirarlo ora, verso il lago. Mi sfilo le scarpe e i calzini, lo guardo e fa lo stesso. Mi segue nell’acqua freddissima sotto lo sguardo grigio del forte. Mi parla di Laura, gli parlo di Robi. Ora attorno al lago ci sono un sacco di spettatori che sbadigliano e combattono il mal di testa.

Noi siamo uno spettacolo muto per loro. Due anime coi pedi gelati nell’acqua troppo bassa per lavarci via le nostre mancanze incolmabili, i ricordi appuntiti dentro al punkreas.

Non chiedo nemmeno il suo nome. Lo bacio senza speranza

-Rendimi per un’ora inconsapevole.

Gli chiedo.

A rotolare nella polvere e ballare musica di merda. Passiamo un giorno che ci scava dentro come un anno.

Spegnete il mondo, lynotypes, ma sento

che gravano le nubi sulla piazza,

e scende l’ombra alle fontane e il vento

impigliato negli alberi indugia come l’ultima luce sulle pietre,

nascere un’altra notte non goduta

sento, e la luna s’apre,

ma il mio cielo d’intonaco non muta.

Ci salutiamo sotto una luna che non ci illumina il volto, se non per un istante, ci voltiamo le spalle, fagocitati dalle tenebre dei nostri mostri, diciamo addio a quel breve sorridere.

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