Drusilla Foer a Sanremo 2022

Il trionfo di Drusilla Foer sul palco dell’Ariston è il colpo di grazia al monologo della povera Lorena Cesarini

Ecco perché non si può non amare Drusilla Foer

Dopo un’Ornella Muti senza arte né parte e una Lorena Cesarini non all’altezza del compito che le hanno buttato addosso, Drusilla Foer ha brillato sul palco dell’Ariston più di chiunque altro sia passato di lì in questa edizione.
E con il suo monologo durante Sanremo 2022 ha involontariamente affossato in maniera definitiva Cesarini, spinta in guerra con una pistola ad acqua in mano. Lorena Cesarini non aveva le spalle ababstanza larghe per farsi carico della retorica antirazzista. Non era pronta a leggere davanti a tutti gli insulti ricevuti da quattro deficienti e soprattutto non era quello che le si doveva chiedere di fare sul palco dell’Ariston. Troppo insicura e ferita per parlare senza singhiozzare davanti a milioni di telespettatori. Non ne siamo usciti arricchiti, convinti e illuminati, forse a tratti impietositi, quasi tutto il tempo imbarazzati. Come ci imbarazza la miseria, il difetto, la pietà. E non se lo meritava e la colpa non è di certo la sua che ha fatto quel che era in suo potere, ma senza avere in sé una guida esperta che le suggerisse almeno le più elementari armi della retorica per difendersi. Invitare una donna nera per parlare del suo essere nera, almeno in  questo caso,  non ci ha aiutati a normalizzare la sua presenza, come era sacrosanto che fosse.
Il rischio era quello di ripetersi con Drusilla, che si parlasse di omosessualità, di travestitismo, di fluidità di genere. E lei ci ha sorpresi perché lo ha fatto, affiancando più di un pensiero impegnato a una risata naturale. Lo ha fatto con un monologo intenso, in uno slalom tra banalità e retorica, difficile da fare in maniera pulita quando si va a parlare di inclusione e bellezza della “diversità”, pardon “unicità”.
Non sarebbe neanche giusto paragonare le due personalità: Lorenza Cesarini 35 anni, una carriera agli albori e Drusilla Foer, reincarnazione di Gianluca Gori, 54 anni e molteplici carriere sulle spalle: fotografo, cantante, attore e scrittore. 

A Drusilla è stato concesso il palco dell’1 di notte, forse perché abbiamo la tendenza a considerare il grande pubblico inadatto a una riflessione che devia dal qualunquismo, quando invece un po’ di fiducia nelle persone bisognerebbe averla; lo dimostra l’apprezzamento trasversale che ha ottenuto.
La dieta va cambiata lentamente, ma con decisione, o ci piaceranno sempre gli stessi gusti familiari. Gli unici a cui non è piaciuta sono quelli che non l’hanno vista perché
“che cazzo ci fa un uomo vestito da donna a Sanremo?”.
Ma veniamo a noi, a Lei. 

Un uomo travestito da donna di 80 anni che fa la co-conduttrice di Sanremo ha messo d’accordo tutti quelli che hanno ardito a vederla, anche solo per curiosità o spirito critico. Pazzesco, ma un motivo c’è.
La bravura, in primis, ma anche il fatto che ha saputo strizzare il suo occhio da anziana bisbetica a tutti noi.
Donna, elegante e a suo agio.
Uomo, dietro il trucco, sensibile e coraggioso.

Uno spirito giovane e irriverente
Un’esperienza da vecchio saggio. 


Non è che posso a quest’ora ammorbare il pubblico …  

– captatio benevolentiae (da quanto non ne sentivate una?)
Tira fuori dal cilindro parole come fluidità, integrazione, diversità  e lo fa come se facesse la lista della spesa in maniera affrettata e casuale, mentre la scelta di ogni dettaglio in questo discorso è densa di significato. 

“Le parole sono come gli amanti: quando non funzionano più bisogna cambiarle”,

e qui prende la risata della casalinga di Frosinone, e di Ornella Vanoni, delle vergini che godono della trasgressione altrui. Poi il discorso sale, a un piano più alto. Unicità. Usa una parola semplice e ce la insegna, come faceva la tv con l’Italia analfabeta del dopoguerra. Facile imparare la propria unicità? Per niente
La gestualità, i tempi comici, le frasi che saranno citate negli anni, non sono improvvisazione, quella che va in onda in diretta è arte, un lavoro certosino e ore di prove. E non che non ci fosse emozione, spontaneità, ma il tutto era aderente a uno scheletro di salda preparazione. Sono i cuscinetti che mancavano a Lorena, certo l’abito aiuta, il travestimento aiuta, la voce alterata aiuta a proteggerci dalla nudità del nostro essere. 
Ma Drusilla era profondamente se stessa, profondamente Gori e tutti noi. Credibile mentre come un santone invita tutti a prendere in mano tutte le cose che ci abitano belle e brutte. Avete mai visto un santone credibile prima d’ora? Io no. 
E qui la commozione luccica dietro l’occhiale, ma non arriva a fare gocciolare il naso, perché chissà quante volte Drusilla si è messa alla mercé del pubblico con indosso tutte le sue debolezze. Non era la prima volta, era l’ennesima. 

Che le nostre convinzioni non siano solo convenzioni


Accogliamo il dubbio. 

Liberiamoci dalla prigionia dell’immobilità. 

Qui chiama in causa tutti quelli che si sono sintonizzati per ridere, per vedere la travestita che fa battute e che ora pensano “cazzo quanto è brava questa?”  Se comprendiamo lo nostra unicità sarà più facile comprendere quella altrui. E ci voleva tanto a dirlo? A dirlo così, sì. E poi ha cantato, regalandoci la miglior performance di Sanremo 2022, ospiti, cantanti e conduttore inclusi. 

Grazie Drusilla. Non si può non amare Drusilla Foer. 

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