Postporno

il corpo nudo come campo di battaglia

Di campagne di crowdfounding ne esistono a centinaia e di ogni genere. Una delle tante ha concesso a Diana Torres, aka la Pornoterrorista, di portare in giro per l’Europa, durante tutto il 2014, la sua performance live per promuovere il libro di cui è autrice: Pornoterrorismo. 
Nell’immaginario comune si pensa che il femminismo si opponga vivamente a qualsiasi forma di pornografia, poiché essa rappresenta la mercificazione del corpo femminile stereotipato e sottomesso. In realtà sono già alcuni decenni che nell’ambiente femminista si parla di postporno, interpretato come una forma d’arte che supera i canoni stantii del porno tradizionale. La prima ad autodefinire le sue performance come tali è Annie Sprinkle che agli inizi degli anni ’90, stanca di recitare nel porno tradizionalmente inteso, troppo sessista per i suoi gusti, inizia a girare gli USA con uno spettacolo volutamente provocatorio che metteva le basi per la costruzione di un manifesto postporno. Durante questi show l’attrice invitava il pubblico a guardare, mediante l’uso di uno speculum, all’interno della sua vagina. La provocazione stava nell’estremizzazione dell’esposizione dell’organo femminile, pratica ampiamente usata nel porno mainstream; ironizzando su questa dinamica l’attrice rivendica il potere di azione della donna sul proprio corpo e al tempo stesso si erge a educatrice, invitando le spettatrici a esplorare a loro volta i propri corpi.


Dagli Stati Uniti la rivendicazione femminista si sposta in Spagna, paese storicamente attento a sviluppare un dibattito sulle problematiche relative a sesso e genere, dove troviamo l’attivista transessuale, nonché filosofo e scrittore, Paul Preciado, autore di alcuni articoli sui gender studies recentemente apparsi sulla rivista Internazionale. Grazie a lui i protagonisti del nuovo porno diventano quelli che sfuggono alla normativizzazione della pornografia dominante: oltre alle donne, partecipano coloro che sono emarginati dall’immaginario erotico classico; si parla di donne e uomini di colore, transessuali, intersessuali, persone diversamente abili o dai corpi che non coincidono con i più diffusi canoni odierni di bellezza.


Sempre nella penisola iberica troviamo Erika Lust, svedese di nascita, trasferitasi a Barcellona dove trova un ambiente più favorevole allo sviluppo dei suoi progetti artistici. Inizia con la realizzazione di corti erotici, il primo dei quali, The good girl, vincitore nel 2005 del Barcelona International Erotic Film Festival nella sezione corti, le spiana la strada per progetti di più ampio respiro. Da ora la regista cerca di attribuire una funzione pedagogica ai suoi lavori, impostando un discorso sulla parità dei sessi anche all’interno della pornografia, superando l’idea della donna come eternamente sottomessa all’uomo e mero strumento di piacere e facendola diventare, invece, soggetto attivo e ricevente piacere al tempo stesso. A differenza dei prodotti pornografici tradizionali, quelli di Erika Lust sono caratterizzati da un ritmo diverso, più lento, le inquadrature non si limitano ai soli genitali e le scene si svolgono all’interno di una cornice che precede il mero atto sessuale; tutte queste caratteristiche sono infatti tipiche del gusto femminile, storicamente escluso dalle produzioni precedenti. L’ultimo progetto della regista svedese, Xconfessions, tuttora in corso, prevede la raccolta di vere e proprie confessioni anonime rilasciate dagli utenti sul sito Web omonimo; quello che viene chiesto è di raccontare le proprie fantasie, senza freni: alcune di queste saranno la sceneggiatura dei corti realizzati man mano che il contest prosegue.


Tutti questi esempi non sono altro che una tangibile conseguenza del percorso ormai quasi perfezionato, per lo meno in Europa, dell’emancipazione femminile incalzante nei più disparati ambiti, tra i quali il sesso è probabilmente l’ultimo coinvolto, cronologicamente parlando. Ancora poco comprensibile ai più appare invece il pornoterrorismo proposto da Diana Torres. Durante i suoi spettacoli l’attivista esplora la sessualità non convenzionale recitando talvolta versi pornografici, talvolta poesie d’amore lesbico o inni di guerra per la liberazione dei corpi, comunque rime da lei composte e accompagnate da un autoerotismo prepotente mediante l’uso di oggetti di varia natura. Il pornoterrorismo è violento, armato, e combatte contro la decenza e la morale imposta storicamente dalla società e lo fa con espedienti come la nudità che ancora attira attenzione più del messaggio che talvolta vuole veicolare.


Per approfondire postporno e dintorni:

Sesso dell’orrore – Intervista a Diana Pornoterrorista
Sesso dell’orrore – Intervista a Diana Pornoterrorista
Sesso dell’orrore – Intervista a Diana Pornoterrorista

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