E quando i denti si stringevano

Tu mi dicevi abbiamo perso

Vorrei trovare le parole più tristi che giacciono sul fondo di un animo tumefatto da sempre, come il mio. 
Ci provo a richiamare la noia che sa di solitudine e sporcare con quella anche questo momento affinché sia giusto e solenne, degno.

Mi sforzo di ricordare le carezze dei mesi più caldi e gli odori che raccontano le giornate vissute lontane. Rileggo le parole più audaci a sfidare l’ennesima lotta finita bene.

Eppure sono troppi gli spazi bianchi che rendono incomprensibile questo testo che pure ho amato scrivere, facendolo. Ma che lascerei anonimo ai posteri perchè non è più di mio pugno. Non ci trovi le mie metafore per nulla pigre, gli accostamenti verbali sfiziosi, nè le verità nascoste. Nulla di mio in queste pagine, potete prenderle e giudicarle spietatamente perché io le disconosco.

Non è la mia musica quella che accompagna queste righe innocue. che non feriscono e non commuovono. Io la rinnego come fanno i bambini con le marachelle e un po’ me la dimentico, come i baci regalati da sbronza.

Vorrei poterla tenere, in fondo, come ho fatto sempre con le mie mille mani tentacolari su ogni cosa che sia degna d’essere inseguita, anche spietatamente, anche egoisticamente, anche senza troppa dignità o merito.

Ma quello che ora vedo è troppo accecante e se ritorno a spostare lo sguardo sulla luce fioca di ieri, i miei occhi non distinguono più nulla di quello che un tempo rubarono alle tenebre con mille sforzi e gli occhi semi chiusi. 
Abbiamo perso una battaglia che pesa come una guerra in cui nessuno è caduto, ma siamo tutti per sempre diversi.

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