[parentesi a posteriori: parlare di Dente oggi che viene a mancare Leonard Cohen è un po’ blasfemo lo so, ma scrivere di Lui, pareva ancora più oltraggioso da parte mia.]
Ok fa parte di quel grande pentolone che è oggi la musica indie, ma ha delle caratteristiche che lo discostano dai suoi colleghi.
Sa suonare la chitarra, innanzitutto, e reggere un palco (oltre al palco che regge lui che comunque non è così scontato), cosa non da tutti come suggeriva questo pseudo racconto del live di Calcutta a cui ho assistito alla fine dello scorso inverno.
Dente ha smesso di sbronzarsi sul palco e se lo fa, lo fa con professionalità, con la scaltrezza di un musicista navigato, mantenendo la lucidità necessaria a ricordare le parole di tutti i brani (per la successione dei pezzi, ringraziando Dio c’è la scaletta scritta a zampe di gallina).
Non ha una voce che strabilia, anzi stasera “scusate ho il raspino”, né possiede il fisico di un frontman da boyband statunitense, ma ha una dote che alle donne fa perdere la testa, anzi due: l’autoironia, il ciuffo alla pseudo-Elvis e la r moscia (si sono tre, ma la r moscia non fa perdere la testa a nessuno).
E poi le sue canzoni in dote.
Di più o meno smielate, di dediche d’amore pregne di quotidianità e fascino dell’ordinario ne nascono a decina nel ricco vivaio della musica indipendente. Ma quanti possono vantarsi di avere scritto una canzone di non amore? E di aprirci un concerto. Un inno al chissenefrega,nonerapoicosìimportante.
ho la scatola dei ricordi che esonda
ti prego torna…
ti prego torna…
ti prego torna…
ti prego torna…
ti prego torna…
da dove sei venuta
Perché quanto è facile trovare empatia nella sofferenza amorosa? Molto più coraggioso è scrivere una canzone che dice che ti sei rotto le palle. Che di ricordi ne hai tanti e pure troppi e sì, ci penso a volte che magari sarebbe bello tornassi, ma poi no, resta pure dove sei. È quello che ti meriti.
Ma Dente ama e lo dice a bassa voce, senza che le grida siano la misura dell’intensità di un’emozione.
Quando finirai gli esami
Andremo in mare con la macchina
E si parlerà di quando ti dicevo
Ma che begl’occhi che hai
Chissà come mi vedi bene
Anche gli strumenti procedono sottotono, una melodia culla parole misurate molto ben incollate l’una all’altra. Poche pretese appartengono all’amore, anche al più glorioso e nobile. Prendersi un giorno per andare al mare a guardarsi negli occhi, dicendosi cose rigorosamente stupide, è una di quelle. Perché le frasi liricamente importanti, quelle non ci vengono mai quando dovrebbero. Dovrebbero?
E Dente è l’anti-poeta per eccellenza.
cerca di farti bella più bella di quello che sei
muoviti fai presto che ti voglio vedere
non sbagliare via e porta qualcosa da bere
Un non-poeta coraggioso che canta un pensiero comune che forse non è lusinghiero ma gli dona quel valore aggiunto che si dà alla parola di chi dice poco. E quando si sbilancia lui, sembra inclinarsi il mondo.
poi lego i miei capelli ai tuoi
con più di mille nodi.
Portami a vedere il cielo questa notte
anche se è nuvolo
ho tanto caldo anche se è inverno
Non scomoda Dio, né l’eternità, ma quanti di voi che dicono di amare hanno così caldo da volersi spogliare d’inverno per il solo piacere degli occhi?
Il suo inno più riuscito rimane a mio modestissimo parere quello in cui unisce le sue migliori doti: uso scaltro e ironico della parola, insieme a una schiettezza fuoriluogo rispetto all’aurea tematica, il tutto servito su una pacatezza melodica che ha una portata apparentemente modesta, ma riesce a contenere massicce quantità di veri sentimenti condivisibili e sdolcinatezza mascherata benissimo.
Poi fumiamo le sigarette
Che a casa nostra non ci vengono mamma e papà.
Mangiamo tutte le scatolette,
Beviamo birra, andiamo a fare la spesa al discount.
Vieni a vivere come me
Vieni a vivere come me. La proposta di convivenza meno coraggiosa e più sincera della storia. Ti faccio vedere come vivo io: tendenzialmente male, ma se ci vieni pure tu, a puzzare di fumo, mangiare male e bere peggio, magari qualcosa di buono viene fuori. Lontano da chi ci detta regole, sbandiamo a modo mio, ti piacerà.
Dente è stato questo.
Oggi ha 40 anni. Il suo ultimo album ancora lo devo masticare, in questa canzone li ho sentiti i suoi anni cantare. Il sarcasmo fare un passo indietro, farsi avanti i rimpianti e un briciolo di arrendevolezza, una nota amara che di solito mascherava meglio con il suo accento parmareggio. Non per questo non ci piace, siamo cresciuti anche noi, pronti a sanguinare dalle orecchie.
ho pensato quanto è strano
farti male senza stringerti