clickbaiting

Perché i titoli di giornale non sono un buon esempio (neanche per i nostri blog)

Tutti noi sappiamo quanto siano importanti i meccanismi di SEO, ma ancor prima quanto un titolo sia importante per far arrivare qualcuno sulle nostre pagine web, anzi spesso è l’unica arma che abbiamo tra una lunga lista di risultati che Google propone. Attenzione però, il titolo non deve essere un amo e il lettore non deve “abboccare”. 

Facciamo qualche esempio di mala pratica?

I giornali italiani online (parlo di quelli italiani perché sono quelli che meglio conosco, ma segnalatemi pure se funziona così dappertutto) stanno raschiando il barile. Un tempo i titoli scandalistici o provocatori erano riservati a riviste e rotocalchi come “Chi”, “Novella 2000” e via dicendo; adesso basta fare un giro sulle pagine social di La Repubblica per capire quanto questi giornalisti siano caduti con tutte le scarpe nella tentazione di cedere al clickbaiting, anzi è un meccanismo ancora differente a mio avviso.
Il clickbaiting tipico di quelle pagine confezionate per veicolare bufale nasce come meccanismo per indurre al click, appunto, quindi a visionare il contenuto per intero per mantenere quanti più clienti sul sito e incrementare gli introiti pubblicitari. I titoli che mi capita di leggere sempre più spesso oggi sono mini racconti fatti e finiti, chiaramente inesatti o del tutto errati. on richiedono neanche un click per visionare e quindi leggere l’articolo per intero, ma al massimo spingono alla reaction e al commento. Meccanismo eccellente per i social, un po’ meno per la funzione giornalistica, che sarebbe quella di raccontare i fatti avvenuti o al massimo un’analisi degli stessi, non di fare affermazioni fuorvianti in neretto, lasciando i chiarimenti annacquati in un testo integrale che pochi leggeranno. 

Un brillante esempio su di titolo sensazionalistico sulla pagina Facebook di La Repubblica Torino. Se poi si va a leggere l’articolo si scopre che intanto il “detenuto” aveva finito di scontare la sua pena.
Commenti indignati all’articolo sul detenuto finito in un albergo a 4 stelle.

Non c’è solo l’inesattezza, ma c’è anche la chiara volontà di provocare, di istigare all’odio. La scelta delle parole è fondamentale, la selezione delle informazioni ancora di più, e non lo devo spiegare io ai giornalisti con il tesserino che lavorano per le più storiche testate italiane. Quindi non posso evitare di pensare che ci sia malizia e che ciò sia un gesto che definirei povero, povero di idee, povero di etica, povero di professionalità.

Il sindaco qui viene dipinto come qualcuno che nega l’esistenza del virus
Leggendo l’articolo si apprende che semplicemente il comune non ha attuato ulteriori restrizioni come hanno deciso di fare alcuni altri comuni italiani e che a Feletto le forse dell’ordine utilizzano il buonsenso invece di multare tutti indistintamente.

Perché dobbiamo stare attenti anche con i titoli dei nostri articoli di blog

Se teniamo un blog, soprattutto un blog aziendale, anche noi dobbiamo stare attenti a non cedere alla tentazione di creare titoli sensazionalistici o fuorvianti. Infatti il click sul nostro articolo non è il solo numero che conta per la nostra reputation. Google, infatti, con i suoi potenti mezzi sa anche capire dopo quanto il lettore abbandona il vostro articolo perché scritto male o proprio perché non c’entra una mazza con quello che avete annunciato nel titolone; o al contrario tiene traccia degli utenti che non solo leggono l’articolo, ma sfogliano le altre pagine del vostro sito, magari ci ritornano pure, aumentando la vostra web reputation.

Attenzione quindi. Creare titoli rimane comunque un’arte, un po’ meno creativa ai tempi della SEO, ma si può ancora fare con le giuste keyword e un pizzico di fantasia. Non vale la pena sacrificare l’arte della buona scrittura per qualche punto di visibilità, almeno che non siate un e-commerce, chiaramente. 

Non mi addentro nel tecnico e non vi spiego come creare un titolo efficace, perché se chiedete alla rete, troverete già decine di articoli scritti molto esaustivi su questo argomento, a cui io non aggiungerei niente di nuovo. (Qui un articolo ben scritto a riguardo).

Il mio proposito è quello di invitarvi a fare una riflessione: da lettori non fermatevi al solo titolo, o meglio, potete farlo rinunciando a esprimere pareri, reaction o opinioni sull’argomento. Da autori, invece, fate un uso cosciente ed onesto delle parole, sapendo che alcune parole sono micce che innescano esplosioni di odio di cui faremmo tutti volentieri a meno. 

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