Calcutta non smette di mangiare da solo ed è sempre più confuso (quindi ci piace)
Devo ammetterlo, me l’ero persa, fortuna che un’amica me l’ha fatto presente venerdì sera in attesa del tavolo per la cena. Peccato che poi lo abbia nuovamente scordato, annegando nel vino questa preziosa informazione. Ma alla fine mi sono ricordata: è uscito Pesto, il nuovo singolo di Calcutta e potevo forse io non commentarlo?
Odi et amo verso il cantautore de noi artri. Ma comunque solo sentimenti forti. Tutti siamo rimasti scioccati di fronte alla notizia che suonerà all’arena di Verona. Noi che lo abbiamo visto reggere a fatica il minuscolo palco dello Spazio 211 e regalare ben 50 minuti di live ai fan accorsi per Cosa mi manchi a fare e poco altro.
Ma Orgasmo lascia ben sperare (potrebbe essere diversamente?) e Pesto a me è piaciuta, sempre per quella mediocrità che ci appartiene, sia chiaro.
Esco o non esco
Fuori è caldo ma è normale ad agosto
Non ci penso ma poi sudo lo stesso
Un’ombra sul soffitto
Mi hai lasciato nei sospiri nel letto
Un filo di voce
Un filo di ferro dentro l’orecchio
Dai, non fa niente
Mi richiamerai da un call center
E io ti dirò
Lo sai che io ti dirò
Persecuzione moderna: l’incapacità di scegliere e di inseguire i propri, non dico sogni, ma manco istinti, perché ce li hanno sottratti, taggati, hashtaggati, censurati e segnalati.
E in una sera d’estate qualsiasi sudo a casa da solo, cullandomi in ciò che resta di te, un’ombra, nemmeno un tangibile ricordo, ma un velo nero, qualcosa che non ho mai davvero posseduto. Ci sono i tuoi sospiri e poco più, una voce sottile, che si scorda in fretta, ma ferisce scomparendo.
Dai, non è niente, che nemmeno il coraggio di soffrire in fondo mi è rimasto. Magari mi richiami dal tuo posto di lavoro precario, magari avrai ancora bisogno di me.
Ue deficiente
Negli occhi ho una botte che perde
E non sai perché
Perché mi sono innamorato
Mi ero addormentato di te
E adesso che mi lasci solo
Con le cose fuori al posto loro
E siccome non ho il coraggio di averti, o di tentarci, meglio insultarti.
Che se tiro fuori la rabbia, magari le lacrime svaniscono. E tu nemmeno lo sai che grido perché mi sono innamorato, lo dico e poi me lo rimangio, in fondo mi sono solo sdraiato al tuo fianco e poi sei andata via, come si fa la mattina per andare al lavoro, e in effetti lasci tutto in disordine come lo avevi trovato.
Esco o non esco
Fuori è notte, mangio il buio col pesto
Non mi piace ma lo ingoio lo stesso
Dai, non fa niente
Mi richiamerai da un call center
E io ti dirò
Lo sai che io ti dirò
Esco per fingere di non pensarti costantemente o resto qui?
Entra in casa il buio mentre consumo un piatto solitario con il sugo pronto che manco mi piace, perché non sono buono a nulla (però ricordiamo che già dai tempi di Frosinone, Calcutta l’appetito non lo perde mai: mangio la pizza e sono il solo sveglioooo).
Magari mi richiami e io che ti dirò?
Ue deficiente
Negli occhi ho una botte che perde
E lo sai perché
Perché mi sono innamorato
Mi ero addormentato di te
Mi sono addormentato di te
Ti dirò che sei stata stupida, (perché non posso averti)?
Io non ho un salvagente
Ti lascio andar via
Ma se la corrente
Ti riporta qui
Lo sai che io ti dirò
Il fatto è che non ho neanche il coraggio di dirti di restare, non ho nulla da offrire qui, nemmeno una certezza, in queste convinzioni che cambiano veloci come le nostre bacheche. Continuo a sperare che sia piuttosto il caso a ricondurti qui, così nemmeno questa volta la responsabilità sarà mia. E se ti riporta…sai che ti dico.
Ue deficiente
Negli occhi ho una botte che perde
E non sai perché
Perché mi sono innamorato
Mi ero addormentato di te
Mi sono addormentato di te
Che sei stata stupida a non capire, anche se non lo avevo capito io.
E se piango è perché non sono nemmeno sicuro io della differenza tra amare e non lottare. Tra fare qualcosa per averti o dormirti a fianco e sperare di trovarti la mattina.