Il muretto dove ciondolavamo le gambe, la panchina dove consumavamo sigarette che io non aspiravo e tu non ti accorgevi. I cd sacri che non andavano rigati, ma si consumavano da sé nell’infinito loop delle nostre lacrime a 12 anni che pesavano 30…
Un tempo tutto era un tempio.
che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
Sacro il primo bacio anche se c’era il pubblico e troppa saliva. Sacre le confidenze e ogni parola con il suo peso specifico. Sacre le ricorrenze e il giorno che ti sei arresa. Sarà che faceva freddo o che a Natale sono tutti più buoni.
C’erano decaloghi da seguire per sperare che ti fidassi e pene da scontare se le parole fuori posto distruggevano i castelli di carta a cui lavoravamo da anni.
I nostri crolli esistenziali da due soldi.
C’era un tempo in cui pensavo che quella canzone faceva quell’effetto solo a me e a te e a nessuno nel mondo tra le migliaia di persone che l’ascoltano, ma allora perché lo fanno?
Ma sono diverso
Sono sporco
Avevo torto marcio
Tu piangevi
Un’era in cui cercavi il mio assenso mentre mi chiedevi se l’amore così lo facevamo solo noi su questa terra. Non lo so, dicevo io, che amo avere certezza delle mie affermazioni, ma dentro di me pensavo sì.
Un tempo in cui a ogni posticino nel mondo associavi un volto e uno soltanto. Ogni modo di dire aveva una storia buffa che tramandavamo perché fosse eterna.
ci pensi ogni tanto alle rane?
E oggi ci sposiamo in chiese sconsacrate e dormiamo su letti che hanno visto ciclicamente inferno e paradiso. Il monoteismo è un ricordo lontano e ti fermi a pregare davanti a ogni cappella che offre l’ostia perché hai fame e un palato non più così raffinato.
Va tutto più veloce, più efficace.
Hai una bussola al posto del cuore e non perdi più tempo con gli indizi, ma è al tesoro che corri dritta.
Intorno a te è il caos. corpi per terra, insanguinati; ci sono morti risorti che avanzano con te e non pensavi li avresti rivisti mai più. Potresti paralizzarti in un secondo di fronte alle cose che non rispondono ad alcuna delle regole che recitavi a memoria pochi anni fa. Invece avanzi con una leggerezza che addosso a te stupisce e stupra la tua indole incinta, di te, ora diversa.
Che muoia il principio se graffia e ammutolisce. Che vivano le deformità della vita se diventa il racconto più bello che ti hanno scritto addosso. Perché non l’hai fatto tu.
Oggi i templi sono vuoti. La gente è fuori, sparpagliata sull’erba e seduta sui cornicioni. Formano quadri che oggi qualcuno non capirà. Ma prima o poi sì.
Un mondo atroce vieni qua
a sopportarne la follia
Puoi pregare senza sapere le parole, senza dio, puoi pregare la storia di andare come vorresti, ma è impegnata a fare il giro lungo per portarti chissà dove che forse è meglio così, perchè le tue previsioni hanno colori opachi.
Fuori dai templi la vita come il gas riempie l’aria e non la contieni come vorresti, risparmia le forze e guardala deformarsi, creare immagini inedite, feroci, stupende.
E la vita che verrà
Ci risorprenderà