Il mio significato di questa canzone degli Zen Circus
Una canzone che adoro.
SI parla di mal di vivere, non di quello che ti uccide, di quello con cui ci convivi. Dell’incapacità di farsi amare per paura di fallire.
Come fosse facile spiegarlo in quattro accordi
In questa forma imposta dal mercato dei ricordi
E testa mi capisci ma tu stringi troppo forte
Che non riesco a respirare e non posso vedere oltre
Avere paura e non saperlo dire utilizzando il linguaggio mainstream, come se non fossimo in grado di far stare il nostro malessere dentro lo status di FB. Magari troviamo anche la comprensione di qualcuno, ma quel qualcuno deve essere bravo a starci accanto senza rubare la scena ai nostri problemi, comunque protagonisti assoluti.
In fondo siamo uguali testa, ma tu puzzi di buono
Un verso schietto, rude, sinceramente bello. Puzzi della stessa puzza a cui sono abituato da sempre. E questo mi piace.
Come dirlo poi a chi mi ha voluto un po’ di bene
Che è troppa libertà che mi ha ridotto alle catene
E testa tu sei il numero sul quale ho puntato
E questo fa di te il mio nemico più spietato
Questa per chi soffre della stessa malattia dell’autore è una chiave di lettura dell’esistenza umana. Una chiave che non troviamo ovviamente. Come si fa a spiegarlo agli altri? Che avremmo voluto essere meno liberi, più costretti, tipo a imparare ad amare, a restare.
Che la libertà talvolta si percepisce inconsciamente come menefreghismo.
Ma tu, tu sei quello in cui io credo, ma siccome nemmeno in me io credo, tu sei nemico giurato, che minacci il mio destino di infelicità.
Così le banche prestano dei nomi a tutti quanti
Tua nonna come sempre ti regalerà dei guanti
Il lavoro è disprezzare gli altri per ventiquattro ore
E ci spezziamo ancora le ossa per amore
Un amore disperato per tutta questa farsa
Insieme nel paese che sembra una scarpa
Poi si parla di banche, di nonne che puntualmente regalano pigiami, come a dire che ci sono cose che non fanno la felicità, ma che se fossero diverse ci farebbero male, anche se fossero meglio. A volte preferiamo essere rassicurati dalla prevedibilità della nostra vita mediocre.
Ma poi lottiamo ancora per l’amore o per la sua idealizzazione. disperatamente e sapendo di fallire comunque e sempre, in un paese così ridicolo che ha la forma di uno stivale.